La speranza nasce dalle nostre scelte

L’ultimo Rapporto Annuale del CENSIS sul nostro paese potrebbe intitolarsi “il nuovo male dell’Italia si chiama rancore”. Si, siamo un paese di rancorosi. La giustificazione: l’ascensore sociale non funziona più. E la maggior parte ha paura che il proprio livello di benessere e della sua famiglia possa scendere, abbassarsi.

Se l’Italia finalmente, grazie a politiche economiche e sociali di crescita, è uscita dal tunnel e l’economia ha ripreso a crescere bene, trainata dall’industria manifatturiera, dall’export e dal turismo, che dimostrano numeri da record, sono ancora troppi coloro che non ne traggono beneficio, direttamente o indirettamente. O che hanno comunque paura di rimanere indietro.

Ed è per molti, a dire il vero, solo un timore, visto che la stessa ricerca rileva, oltre ad un boom nell’acquisto di smartphone, l’escalation nella spesa per pay-tv, musei, mostre, cinema, teatro, e per il benessere personale. E questo proprio mentre nel resto dell’Europa le spese per l’entertainment diminuiscono. Se a questo aggiungiamo che siamo un paese fortemente invecchiato, dove la nostalgia e la paura del nuovo sono connaturate a questa fase della vita, il mix rischia di essere esplosivo. E lo è.

Non siamo più quindi un popolo di santi, poeti e navigatori. Perché per aspirare al Paradiso, per vedere la bellezza del mondo e per salpare verso nuovi mondi, ci vuole la forza di un progetto, di una visione. Ci vogliono degli ideali. Ci vuole la speranza. Tutte cose che la paura uccide, e con essi noi stessi. Ed infatti ci chiudiamo sempre più nelle nostre case, nelle nostre idee, in circoli sempre più ristretti di amici che la pensano come noi, e che ci fanno sentire protetti, addirittura dietro una tastiera.

La sfida che ci s’impone allora, come singoli e come comunità, non è tanto economica, ma sociale e politica, e direi anche etica. Da una parte vi è la necessità certamente di maggiore giustizia sociale, che rassicuri la maggior parte del nostro paese, e redistribuisca in basso i benefici di questa ripresa economica.

Dall’altra vi è la necessità di uno sforzo dal basso, dalle singole comunità, da noi stessi, di non cedere a questo rancore, alla paura. Perché tutto ciò non porta a nulla.

Non è il vicino il nostro nemico, e abbiamo visto anche nella nostra provincia a cosa può portare l’esasperazione. Non è lo straniero o il povero, che a noi non ruba nulla, ne’ lo stipendio, ne’ la pensione. “Quando milioni di poveracci sono convinti che i propri problemi dipendano da chi sta ancora peggio, siamo di fronte al capolavoro delle classi dominanti”. Non è nemmeno l’avversario politico al bar, che nonostante tutto vive la nostra vita ed ha probabilmente i nostri stessi problemi. Semplicemente pensa ad una risposta diversa.

Apriamoci all’altro, smettiamola di litigare sul nulla, diamo fiducia al prossimo, non abbiamo paura di incontrare persone nuove, diverse.

La rivendicazione dei nostri diritti, a volte veri ma altre volte presupposti, ha il limite nei diritti dell’altro, che sono forse gli stessi. Non esiste il “mio” diritto, se non all’interno di un sistema riconosciuto, non solo legalmente, ma anche socialmente. E ridiamo valore ai doveri, anche qui alla rovescia, non solo dell’altro, ma anche e soprattutto miei. Non solo verso la mia famiglia, ma verso la comunità tutta.

Nei giorni scorsi abbiamo avuto un bellissimo esempio di cosa vuol dire aprirsi all’altro e al mondo, riconoscere che ci può essere una speranza di un mondo migliore nonostante tutto, nonostante soprattutto quello che hanno fatto “a me”. Ce l’ha offerto la nostra nuova concittadina Liliana Del Monte. Chi più di lei avrebbe potuto rivendicare i propri diritti, mostrare il proprio rancore. Ma chi meglio di lei avrebbe potuto spiegarci che la salvezza risiede nell’atto del singolo che decide di spezzare la catena della violenza, con un gesto di pietà.

Sia quando, ferita, venne salvata sul greto del torrente Crostolo, dal soldato nazista addetto al giro di ricognizione, che invece di darle il colpo di grazia la portò di peso sulla strada principale, rischiando la corte marziale per salvarle la vita. Sia quando, nonostante la famiglia trucidata, ha deciso di donare al mondo, col libro e il film, la sua storia e con essa il suo messaggio di pace e di speranza.

Buon Natale

Mauro Bigi – Sindaco

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